domenica 10 dicembre 2017

Ma tu guarda questa radice di 5

“Ma quindi, questi numeri trascendenti possono essere approssimati con frazioni meglio di quanto si possa fare con i numeri algebrici?”.

“Eh, sì, se definiamo in maniera un po' rigorosa quel meglio”.

“Già, mi pareva che tutti i numeri irrazionali, sia quelli algebrici che quelli trascendenti, potessero essere approssimati bene quanto si vuole con le frazioni, no?”.

“Ed è così, infatti. Bisogna solo chiarire come sono fatte le frazioni. Se ricordi, ti ho mostrato un paio di tabelle in cui si riusciva a intuire che la radice quadrata di due poteva essere approssimata bene con frazioni sempre più precise, a patto di aumentare con regolarità il numero di cifre del numeratore e del denominatore”.

“Ricordo, e ricordo anche che, invece, per le frazioni che approssimano pi greco non c'è la stessa regolarità”.

“Proprio così. Ora cerchiamo di capire in cosa consiste questo diverso modo di comportarsi delle frazioni”.

“Ok, cominciamo”.

“Partiamo dal semplice: ogni numero irrazionale può essere approssimato da un numero intero con un errore di 1/2”.

“Ehh?”.

“Prendi pi greco: se lo approssimi con il numero 3 che errore commetti?”.

“Un errore pari a 0.141592654eccetera”.

“Minore di 1/2, cioè 0.5”.

“Ah, certo”.

“Stessa cosa per la radice di 2, no?”.

“Se la approssimo con 1 commetto un errore pari a 0.414213”.

“Quindi minore di 1/2”.

“Va bene, ho capito, prendo l'intero più vicino ed è fatta”.

“Esattamente, l'errore può essere per eccesso o per difetto, ma è comunque minore di 1/2”.

“Bene, ma un numero intero non è che sia questa gran approssimazione, eh”.

“Infatti, facciamo di meglio. Se vogliamo approssimare un numero irrazionale con una frazione del tipo m/n, allora possiamo farlo sempre con un errore minore di 1/(2n)”.

“Continua a essere nebuloso: credo di aver capito cosa vuoi dire, ma non saprei come dimostrarlo”.

“Riprendiamo l'esempio di prima, con la radice di 2. L'abbiamo approssimata con 1 che, volendo, è la frazione 1/1”.

“Vabbè. Mi pare di capire però che come denominatore si possa scegliere il numero che si vuole”.

“Esatto, scegline uno”.

“Boh, facciamo 42”.

“Bene, allora calcola il valore di 42 moltiplicato per la radice di 2”.

“Uhm, la calcolatrice dice 59.39697”.

“Quindi 59 è una approssimazione di quel numero a meno di un errore di 0.5, cioè 1/2”.

“Certo, l'abbiamo detto prima”.

“Perfetto: ora dividi tutto per 42 e ottieni l'approssimazione che volevi”.

“Come come?”.

“Se 59 approssima 42 moltiplicato per radice di 2 con un errore di 1/2, allora 59/42 approssima radice di 2 con un errore pari a 1/(2×42)”.

“Ah, ma era così semplice?”.

“Già. Giusto per la cronaca, 59/42 è uguale a 1.40476”.

“Funziona! E mi pare anche di aver capito la dimostrazione del teorema: se voglio avere una frazione che approssima con un errore minore di 1/(2n), allora mi basta moltiplicare il numero da approssimare per n e fare come abbiamo fatto adesso”.

“Esatto. Ora proviamo a fare di meglio”.

“Come?”.

“Possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n)? O 1/(4n)? 1/(5n)? Quanto possiamo diminuire l'errore?”.

“Ah, boh”.

“Qui le cose cominciano a complicarsi un po'”.

“Capirai”.

“Possiamo scegliere il coefficiente di n al denominatore grande quanto vogliamo, e cioè possiamo approssimare con un errore minore di 1/(3n), 1/(4n), 1/(1000n), ma non per tutti gli n che vogliamo. Si dimostra che almeno un n si trova, ma non tutti vanno bene, purché k sia maggiore o uguale di n”.

“Ah”.

“Ti faccio capire la dimostrazione come ho fatto prima, con un esempio. Prendiamo la radice di 3, e scegliamo = 8. Vogliamo far vedere che riusciamo a trovare un n tale che la frazione m/n è un'approssimazione di radice di 3 con un errore minore di 1/(8n)”.

“Ok”.

“Ti scrivo i numeri del tipo i per radice di 3, con i che va da 1 a 8:”.

1×√(3) =  1 + 0.732050807569
2×(3) =  3 + 0.464101615138
3×(3) =  5 + 0.196152422707
4×(3) =  6 + 0.928203230276
5×(3) =  8 + 0.660254037844
6×(3) = 10 + 0.392304845413
7×(3) = 12 + 0.124355652982
8×(3) = 13 + 0.856406460551


“Ok, e adesso?”.

“Adesso possiamo calcolare la parte decimale dei numeri elencati sopra in questo modo”.

1×(3)   1 = 0.732050807569
2×(3)   3 = 0.464101615138
3×(3)   5 = 0.196152422707
4×(3)   6 = 0.928203230276
5×(3)   8 = 0.660254037844
6×(3)  10 = 0.392304845413
7×(3)  12 = 0.124355652982
8×(3)  13 = 0.856406460551

“Ok, e, a costo di ripetermi, adesso?”.

“Ora immagina di prendere l'intervallo che va da 0 a 1 e di dividerlo in 8 parti. Una prima parte che va da 0 a 1/8, una seconda parte che va da 1/8 a 2/8, e così via, fino all'ultima parte che va da 7/8 a 8/8, cioè 1”.

“Va bene”.

“Ora inseriamo le otto parti decimali che abbiamo calcolato poco fa negli otto intervalli”.

“Ok, questo penso di saperlo fare: indico con Ik l'intervallo, con k che va da 1 a 8:”.

0.732050807569 I6
0.464101615138 I4
0.196152422707 I2
0.928203230276 I8
0.660254037844 I6
0.392304845413 I4
0.124355652982 I1
0.856406460551 I7

“Perfetto. Ora cerca quale di questi numeri si trova nel primo intervallo”.

“È 0.124355652982”.

“Che corrisponde a 7×√(3) − 12”.

“Già”.

“Quindi potremmo dire che 7×√(3) − 12 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/8”.

“Giusto, come abbiamo fatto prima”.

“E quindi, dividendo tutto per 7, √(3) − 12/7 è approssimabile a 0 con un errore minore di 1/(7×8)”.

“Ah, e quindi abbiamo trovato l'approssimazione che volevamo: √(3) è approssimabile dalla frazione 12/7 con un errore minore di 1/(7×8). Ma questo ha funzionato solo perché abbiamo trovato un numero nell'intervallo I1. E se non ci fosse nemmeno un numero in quell'intervallo?”.

“Ottima domanda. Se non cadesse nemmeno un numero nel primo intervallo, allora bisognerà che in uno dei restanti intervalli cadano almeno due numeri”.

“È un ragionamento che ho già sentito fare. Si chiama principio dei cassetti, vero?”.

“Ottimo! È proprio così: se hai 8 magliette da mettere in 7 cassetti, allora certamente almeno un cassetto dovrà contenere più di una maglietta”.

“Eh, sì, giusto. E adesso?”.

“Adesso per poter andare avanti non abbiamo nemmeno bisogno di fare un altro esempio: hai notato che anche nel nostro caso ci sono alcuni cassetti occupati due volte, vero?”.

“Sì: il quarto e il sesto”.

“Bene: considera i due occupanti nel cassetto 6, per esempio”.

“Ok. Che ci faccio?”.

“A che distanza sono?”.

“Devo fare il calcolo?”.

“No, non è necessario: stanno entrambi nello stesso intervallo, quindi quale sarà la loro distanza massima?”.

“Bé, al massimo saranno a distanza 1/8 uno dall'altro”.

“Esattamente. Uno dei due numeri è 5×√(3) − 8, e l'altro è invece √(3) − 1. Se calcoli la loro differenza…”.

“Ottengo 4×√(3) − 7”.

“Questo numero è approssimabile a 0 con un errore di 1/8, quindi dividendo tutto per 4…”.

“…ottengo un'approssimazione di √(3), cioè 7/4, con un errore di 1/(4×8)”.

“Ecco fatto, il teorema è dimostrato. Il caso generale è analogo a quello che abbiamo fatto adesso: se trovi una parte decimale che sta nel primo intervallo, sei a posto. Altrimenti vuol dire che uno degli altri intervalli conterrà almeno due parti decimali diverse”.

“E facendo la differenza, come abbiamo fatto adesso, arriviamo subito alla tesi del teorema”.

“Perfetto”.

“Quindi abbiamo finito?”.

“Certo che no. Possiamo migliorare ulteriormente la precisione delle nostre approssimazioni?”.

“E come sarebbe possibile? Abbiamo già preso in considerazione tutti i possibili multipli di n in quel denominatore!”.

“Chiediamoci allora se possiamo avere errori minori di 1/n2, o 1/n3, e così via”.

“Ah”.

“Ma non entro troppo nel tecnico: la risposta è che l'approssimazione con errore minore di 1/n2 si può sempre fare, ma non si può fare tanto di meglio”.

“Mi pare difficile da dimostrare, soprattutto per la parte di impossibilità”.

“Non è difficile, ma è un po' noioso. Bisogna annegare in un mare di disuguaglianze e stime, con poca soddisfazione”.

“Ah”.

“Quindi direi di fermarci qua, anche perché dobbiamo ancora vedere cosa rende i numeri algebrici diversi dai trascendenti”.

“Va bene”.

“Ti riassumo, quindi, quanto abbiamo detto finora, aggiungendo anche i teoremi che non abbiamo dimostrato:”.


  • Teorema 1: un qualsiasi numero irrazionale è approssimabile, con un errore minore di 1/2, da un unico numero intero.
  • Teorema 2: se x è un numero irrazionale e n un intero positivo, allora esiste una frazione m/n che approssima x con un errore minore di 1/(2n).
  • Teorema 3: se x è un numero irrazionale e k un intero positivo, allora esiste una frazione m/n il cui denominatore non supera k che approssima x con un errore minore di 1/(nk)
  • Teorema 4: se x è un numero irrazionale, esistono infinite frazioni del tipo m/n, ridotte ai minimi termini, che approssimano x con un errore minore di 1/n2.


“Benissimo”.

“Con qualche trucchetto le approssimazioni dei teoremi 3 e 4 possono essere migliorate un pochino, ma non entriamo troppo nel dettaglio. Una cosa interessante è invece questa:”.

  • Teorema 5: se x è un numero irrazionale, esistono infinite frazioni del tipo m/n, ridotte ai minimi termini, che approssimano x con un errore minore di 1/(√(5)×n2), e la radice di 5 è la più grande costante utilizzabile in questo denominatore.


“In che senso la più grande costante utilizzabile?”.

“Nel senso che se l'aumenti un po' il teorema diventa falso: non trovi più infinite frazioni con quella proprietà”.

“Ah. Ma questa radice di cinque compare nei posti più impensati”.

“Già”.

1 commento:

.mau. ha detto...

credo di avere dimostrato il teorema al corso di teoria dei numeri. Non ricordo praticamente nulla, tranne il perché c'entra la radice quadrata di 5 (ma non spoilero)