giovedì 7 luglio 2016

Gli orologi di Fourier — 3. Somme infinite che si annullano

“Facciamo un riassunto di quanto detto finora? Tra orologi e figure tridimensionali ho perso un po' il filo”.

“Ok. Allora, combinando in sequenza alcune lancette abbiamo visto che è possibile disegnare figure molto complicate, persino Homer Simpson”.

“Me lo ricordo”.

“E abbiamo anche visto che le lancette che ruotano, al variare del tempo, possono disegnare una curva tridimensionale”.

“Ricordo anche questo: le tre dimensioni contengono tutto quello che ci interessa, poi se vogliamo possiamo anche considerare meno informazioni di quelle che sono disponibili”.

“Esatto”.

“Rimane da spiegare una cosa: come facciamo a sapere come costruire l'orologio che genera una figura, per esempio Homer?”.

“Benissimo: parliamo di questo. Quando abbiamo a che fare con tante lancette che ruotano, ognuna di esse dà un contributo alla creazione della figura finale. Noi vorremmo analizzare il risultato in modo da capire come è stato costruito l'orologio”.

“Ok”.

“Dobbiamo premettere un'ipotesi: le lancette non girano a qualunque velocità”.

“In che senso?”.

“Fissata la velocità della prima, le altre vanno a velocità doppia, tripla, quadrupla, eccetera. Ma non consideriamo lancette che girano a velocità diverse da queste”.

“Perché?”.

“Eh, la risposta è difficile da dare, senza entrare a fondo nella matematica. Diciamo che la risposta più semplice è: perché non ce n'è bisogno, con lancette che girano alle velocità che ti ho detto possiamo generare qualunque curva periodica”.

“Periodica?”.

“Sì, cioè che si ripete dopo un certo tempo, sempre uguale a sé stessa”.

“Homer Simpson non mi sembra mica tanto periodico, però”.

“Se riguardi il video, invece, noterai che il disegno della faccia di Homer corrisponde a un giro completo della lancetta più lenta: la curva, anche se complicata, è una curva chiusa”.

“Ah”.

“Bene, fissate queste condizioni, ecco come si fa a trovare quali lancette servono per disegnare una certa curva. Immagina, per semplicità, che ce ne siano soltanto due”.

“Ok”.

“Queste girano, una a una certa velocità, una a velocità doppia, e tu, soltanto osservando la curva disegnata da esse, vuoi scoprire… ah, già, cosa vuoi scoprire?”.

“Beh, come sono fatte queste lancette”.

“Più precisamente?”.

“Eh, come ruotano e quanto sono lunghe”.

“Ma lo sai già come ruotano, no?”.

“Oh. Sì, in effetti sì, mi hai detto che la velocità è fissata a priori”.

“Esatto. Quindi tu vuoi sapere soltanto la loro lunghezza”.

“Ok. Come faccio?”.

“Immagina di prendere l'orologio (del quale tu non puoi vedere le lancette, ma solo il risultato che produce) e di farlo ruotare in senso opposto rispetto alla rotazione della prima lancetta”.

“Uhm. Che succede?”.

“Succede che la prima lancetta rimane ferma, no?”.

“Ah, sì, è vero, lei vorrebbe girare in un senso e io la faccio girare nell'altro, rimane ferma mentre l'orologio le gira intorno”.

“Perfetto. L'altra lancetta, invece, continua a girare per i fatti suoi”.

“A velocità diversa, immagino”.

“Sì, ma non importa: ora vogliamo eliminare il contributo dato da questa lancetta che ruota”.

“E come si fa?”.

“Ora viene il difficile. Immagina di scattare tante fotografie a una lancetta che ruota, fino a che non ha fatto un giro completo”.

“Va bene”.

“Ti risulterà una cosa del genere:”.



“Ne conto dieci, però”.

“Sì, è un esempio, immagina di averne dieci, cento, quanti ne vuoi”.

“Ok”.

“Ora mettiamoli tutti uno dopo l'altro”.

“Come per fare la somma?”.

“Sì”.

“Ma non c'è bisogno, si vede già che la somma è nulla: per ogni vettore c'è quello opposto”.

“Eh, hai ragione, ma questo solo perché ne ho disegnati dieci. Se fossero undici?”.

“Ah”.

“E poi c'è un altro problema: stiamo guardando la fotografia di una sola lancetta che ruota, perché il nostro orologio era molto semplice”.

“Ah già, ne aveva solo due, di lancette”.

“Se ce ne fossero di più, la fotografia non sarebbe così bella simmetrica”.

“Mh”.

“Non importa, però, il procedimento che ti sto suggerendo è universale. Che succede se metti tutte le lancette una dietro l'altra?”.

“Immagino che salti fuori una figura molto grossa”.

“Questo è vero, e tra poco rimedieremo a questo problema. Ma guarda com'è fatta, questa figura:”.



“Ah, certo, è chiusa”.

“E quindi la somma di tutti quei vettori fa zero”.

“Ho capito. Ma come risolviamo il problema del fatto che all'aumentare del numero di vettori la figura diventa sempre più grande?”.

“Semplice: riscaliamo i vettori di un certo fattore”.

“Cioè li accorciamo?”.

“Esatto. Immagina di non averne dieci, ma di averne un numero infinito, di lunghezza infinitesima”.

“Otterrei un poligono di infiniti lati piccolissimi… come una circonferenza?”.

“Proprio così”.

“Ah, bello. Che comunque si chiude, e quindi la somma di quei vettori infinitesimi sarebbe sempre nulla”.

“Esatto”.

“E che succederebbe se ci fossero altre lancette che ruotano?”.

“Se le altre lancette ruotano a velocità doppia, tripla, eccetera, la somma di tutti i vettori farebbe due giri, o tre, o più, ma comunque si chiuderebbe”.

“Molto bene, quindi questo è il modo per eliminare tutti i contributi delle lancette che ancora ruotano, dopo che abbiamo staccato l'orologio dal muro e lo abbiamo fatto ruotare in senso opposto rispetto alla prima lancetta. Però dicevi che questo era il sistema per scoprire come è fatta, questa prima lancetta. Non ho capito come fare quest'ultimo calcolo”.

“Hai ragione, non l'abbiamo ancora detto. Siamo rimasti, quindi, con un sistema che mediante infinite somme fa sparire tutti i contributi tranne quello di una sola lancetta, che ora non ruota più. Pensiamo quindi a quello che succede quando sommiamo, con la tecnica utilizzata prima, i contributi forniti da questa singola lancetta ferma”.

“Questa volta sommiamo infinite volte lo stesso vettore, quindi otteniamo una… semiretta?”.

“Non esattamente: ricordati che non sommiamo il vettore così com'è, ma prima lo riduciamo, facendolo diventare molto piccolo”.

“Vabbè, allora il risultato dipende da quanto è piccolo”.

“Esatto. Partiamo con un esempio semplice, la figura di sopra. Dividiamo l'angolo giro in 10 parti, otteniamo quindi dieci vettori uguali, e li sommiamo: cosa otteniamo?”.

“Un vettore lungo 10 volte quello iniziale”.

“E se quindi vuoi sapere quanto è lungo quello iniziale, cosa devi fare?”.

“Dividere per 10”.

“Bene. Se invece di fotografie ne facessi 20, per riottenere il vettore iniziale dovresti sommare tutto e dividere per 20”.

“Sono d'accordo. Non capisco bene come fare se invece di 10 o 20 ne ho infiniti, di questi vettori”.

“Non capisci perché ancora non sai com'è il fattore di scala che usi per ridurre gli infiniti vettori”.

“Già. Come si trova questo fattore di scala?”.

“Si fa così: si parte dalla circonferenza. Quanto è lunga?”.

“Dipende dal raggio, no?”.

“Certo. Fissiamo, come fanno sempre i Veri Matematici, un raggio comodo, cioè un raggio uguale a uno”.

“Ok, allora in questo caso la circonferenza è lunga 2π”.

“Benissimo. Ora immagina di raddrizzarla facendola diventare un segmento”.

“Ok, sarà sempre lungo 2π”.

“Senza dubbio. Ora dividilo in N parti, e quello è il tuo fattore di scala”.

“Ah, quindi questo è il valore per cui moltiplico tutti i vettori?”.

“Esatto”.

“Quindi, quando faccio la mia somma, ho N copie dello stesso vettore, lunghe 2π/N volte la lunghezza iniziale”.

“Molto bene. Quando le sommi tutte, cosa ottieni?”.

“Ah, N si semplifica! Ottengo 2π volte la lunghezza iniziale”.

“E quindi, finalmente, hai capito come si trova la lunghezza iniziale di questo fantomatico vettore?”.

“Ho capito! Prendo il risultato di questa somma, e divido per 2π”.

“Perfetto. Quella che hai appena fatto si chiama analisi di Fourier, e ti permette di trovare le lunghezze di tutti i vettori rotanti che servono per costruire una curva periodica”.

“Ma queste somme di infiniti termini infinitesimi si fanno davvero, in matematica?”.

“Sì, si chiamano integrali, e si indicano con un simbolo strano a forma di S allungata. Ecco come scrivono i Veri Matematici:”.




“Uh, abbastanza incomprensibile”.

“Ammetto che la prima volta che la vedi, potrebbe essere effettivamente poco chiara”.

“Eh”.

“Ma riassume tutto quello che abbiamo detto: f(x) è la curva che vogliamo decomporre con l'analisi di Fourier. La formula ti dice che se vuoi ottenere la lunghezza di uno dei vettori (indicato con cn), devi prendere la curva f, farla ruotare in verso opposto rispetto a quello della rotazione del vettore che vuoi (e questo lo ottieni moltiplicando tutto per einx), poi devi applicare il fattore di scala che riduce il risultato (e questo si ottiene moltiplicando tutto per dx), poi sommi tutto (l'integrale), e infine dividi il risultato per 2π. Ecco fatto”.

“Ma Fourier come faceva a fare queste cose senza GeoGebra?”.

“Era bravo”.

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